IL DDL (IN ATTESA DI PUBBLICAZIONE) STABILISCE NUOVE REGOLE PER QUANTO RIGUARDA LE ASSENZE INGIUSTIFICATE.

Ore contate per i furbetti della Naspi. 

L’ASSENZA del lavoratore PROTRATTA OLTRE IL TERMINE PREVISTO DAL CCNL O, IN MANCANZA, OLTRE i 5 Giorni comporterà la risoluzione del rapporto di lavoro per volontà del lavoratore. Pertanto, il datore di lavoro non dovrà più procedere, come accade oggi, al suo licenziamento per “assenza ingiustificata” e, soprattutto, non sarà più tenuto a versare il ticket di licenziamento (1.809 euro se il lavoratore ha un’anzianità aziendale di 3 o più anni). Il lavoratore perde quindi il diritto all’indennità di disoccupazione, al pari di come avviene in caso di dimissioni da lavoro.

👉Il diritto alla disoccupazione. La novità risolve un’antica questione legata al diritto alla Naspi, l’indennità di disoccupazione per i lavoratori dipendenti. La questione nasce dal fatto che la Naspi può essere richiesta solo dai lavoratori che hanno perso involontariamente il lavoro, il che vuol dire che non se ne ha diritto quando il rapporto di lavoro è cessato per dimissioni o per risoluzione consensuale a eccezione, tra l’altro, delle dimissioni per giusta causa (per mancato pagamento retribuzione o mobbing, ad esempio) o rassegnate durante il periodo tutela di maternità.

👉I furbetti della Naspi. Consapevoli di perdere il diritto alla Naspi in caso di dimissioni, i lavoratori hanno escogitato un efficace sistema per raggirare l’intoppo in caso di decisione di abbandonare quel posto di lavoro: non presentarsi più al lavoro. Infatti, in tal modo, non giustificando le assenze, si espongono al rischio di un licenziamento disciplinare che, una volta ottenuto (l’azienda non può certo rimanere con un posto vuoto per troppo tempo), darà loro il pieno diritto alla Naspi. Il sistema ha funzionato e funziona bene; ma negli ultimi anni ha cominciato a varcare le porte dei tribunali per una seconda questione: il pagamento del ticket di licenziamento. Si ricorda, a esempio, la sentenza 106/2020 con cui il tribunale di Udine ha affermato che l’azienda indotta a licenziare il dipendente che, invece di dimettersi, si assenta ingiustificatamente per avere la Naspi, ha diritto al rimborso (dal dipendente) dell’importo pagato all’Inps a titolo di ticket di licenziamento.

👉Il ticket licenziamento. Infatti, altra conseguenza del licenziamento del lavoratore è l’obbligo per il datore di lavoro di versare il c.d. ticket di licenziamento, destinato all’Inps proprio per finanziare la Naspi, che in caso di dimissioni, invece, non bisogna pagare.

In misura annua, il ticket è pari al 41% del “massimale mensile” della Naspi e va versato per ogni anno di anzianità posseduto dal lavoratore presso l’azienda che lo licenzia, fino al massimo di tre. Nella circolare 14/2023 l’Inps ha fornito il massimale valido per l’anno 2023, pari a 1.470,99 euro, da cui il ticket annuo risulta pari a 603,11 euro (557,92 nel 2022).

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